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Organo di anonimo milanese, sec. XVII
1 Principale
2 Ottava
3 XV
4 XIX
5 XXII
6 XXVI
7 XXIX
8 Voce umana (dal Re3)
9 Flauto in XII (completo)

L’organo custodito presso la chiesa parrocchiale di Gattugno, inserito in una bellissima cassa scolpita e riccamente decorata è uno splendido esempio dell’arte organaria italiana. La sua attribuzione non è certa: un’iscrizione presente all’interno della segreta recita “Giovanni Binago et Giuseppe Trad… milanesi l’anno 1714” . Gli stessi organari realizzarono l’organo della chiesa di Sant’Anna all’Orrido di Traffiume.
All’interno dell’organo è poi presente il registro del Flauto in XII le cui canne sono di certa paternità della bottega organara Antegnati, considerati gli “Stradivari degli organi” per l’assoluta perfezione sonora degli strumenti costruiti (uguale segnatura delle canne è riscontrabile negli organi del 1588 della collegiata di Bellinzona, di fine ‘500 delle chiese di san Bernardino di Crema e di san Nicola di Almenno san Salvatore (BG) e del 1604 della chiesa di san Marco di Milano).

Probabilmente quindi lo strumento è opera di un organaro che in precedenza lavorò su qualche strumento di Antegnati, che portò con sé e poi inserì all’interno dello strumento le canne di questo pregiato registro. Grazie anche allo stemma sulla sommità della cassa di Gilberto Borromeo (presente a Milano negli stessi anni di attività di Binago) successivamente coperto con un altro stemma di mons. Marco Aurelio Balbis Bertone vescovo di Novara nella seconda metà del ‘700 è possibile ipotizzare che lo strumento si trovasse originariamente in area milanese e sia stato trasportato a Gattugno durante gli anni della soppressione napoleonica.
Sulla cassa sono presenti altre tre iscrizioni che citano l’organaro Michele Ragozzi:  “1869 Michele Ragozzi”, “Michele Ragozzi / organaro alla Colma di / Valduggia /Organo del 1745” e “L’anno 1894 sonò io quest’organo all’otto di febraio / Michele Ragozzi Organaro / alla Colma di / Valduggia / Organo del 1745”.
Anche a proposito della magnifica cassa non ci sono notizie storiche che ne attribuiscano una certa attribuzione e datazione.

Lo strumento è dotato di una tastiera di 45 note (Do1-Do5) con prima ottava corta e con una pedaliera “a leggio” senza registri propri e costantemente unita al manuale di 18 note (Do1-La2) anch’essa con prima ottava corta.

I registri sono disposti in una colonna alla destra della consolle e sono azionati da meccanismo ad incastro.
Il corista è a 430 Hz a 20° con pressione dell’aria a 48 mm. Il temperamento è a 1/5 di comma pitagorico con terze e quinte equibattenti.

Lo strumento è stato restaurato da Mario Marzi di San Maurizio d’Opaglio, mentre la cassa è stata restaurata da Daniela Pezzolato.